Domenico Cantatore
Domenico Cantatore nacque il 16 marzo 1906 a Ruvo di Puglia, ultimo di otto fratelli, in un contesto familiare segnato dalla povertà. La sua infanzia fu dura, caratterizzata da privazioni che però non riuscirono a spegnere la sua innata sensibilità artistica. A soli diciotto anni, grazie all’incontro con Benedetto Nardi, iniziò a lavorare come decoratore di stanze: un’esperienza che lo introdusse al mondo della pittura, accendendo definitivamente la sua passione per l’arte.
Nel 1922 lasciò la Puglia per trasferirsi prima a Roma, dove raggiunse il fratello Giuseppe Cantatore, anch’egli pittore, e successivamente a Milano nel 1925. Fu proprio nel capoluogo lombardo che iniziò a dipingere con impegno e a frequentare gli ambienti culturali legati al movimento artistico e letterario "Corrente". La sua prima mostra personale si tenne nel 1930 alla Galleria d'Arte Moderna di Milano, segnando l’inizio della sua carriera pubblica.
A Milano stabilì importanti legami d'amicizia con figure di spicco della cultura italiana, come Carlo Carrà, Leonardo Sinisgalli, Alfonso Gatto, il poeta armeno Hrand Nazariantz, e il futuro Premio Nobel Salvatore Quasimodo. Tra tutti, però, fu particolarmente legato a Raffaele Carrieri, anch’egli pugliese. Fu grazie a un amico se, nel 1932, Cantatore si trasferì a Parigi, dove conobbe da vicino l’arte degli impressionisti e le opere di Picasso, Modigliani, Matisse e i fauves. Nella capitale francese strinse rapporti con artisti italiani come Carlo Levi e Filippo de Pisis.
Il soggiorno parigino fu fondamentale per la sua evoluzione stilistica, anche se della produzione di quegli anni restano solo un quaderno e alcune puntesecche. Tornato a Milano nel 1934, espose i disegni realizzati a Parigi alla Galleria del Milione, ottenendo un crescente riconoscimento critico.
Nel 1940, per chiara fama, gli fu assegnata la cattedra di Figura all’Accademia di Brera, succedendo ad Aldo Carpi. Vi insegnò fino al 1976, quando cedette l’incarico al suo allievo Natale Addamiano. La sua didattica fu apprezzata per la capacità di coniugare rigore accademico e ispirazione poetica, qualità che lo resero molto amato dagli studenti.
Nel dopoguerra, l’incontro con Giorgio Morandi nel 1948 influenzò ulteriormente il suo linguaggio pittorico, spingendolo verso una maggiore sobrietà e aderenza al reale. Nello stesso periodo, partecipò a importanti manifestazioni artistiche come il Premio Bergamo, la Biennale di Venezia e la Quadriennale di Roma, dove nel 1955 entrò anche a far parte della commissione per gli inviti.
Nel 1956 si recò in Spagna, esperienza che rafforzò la sua attrazione per i colori caldi e luminosi del Mediterraneo. Da quel momento, e per tutti gli anni successivi fino agli anni ’80, il Sud Italia divenne protagonista assoluto della sua pittura: paesaggi collinari, tramonti infuocati, riti religiosi, confraternite e figure umane scolpite dalla fatica e dalla devozione.
La figura femminile rivestì un ruolo centrale nella sua produzione, spesso raffigurata con eleganza e spiritualità. La sua "odalisca", donna sensuale e misteriosa, divenne uno dei soggetti più amati e riconoscibili della sua arte. Allo stesso tempo, non trascurò la dimensione letteraria: scrisse racconti e memorie come Il pittore di stanze (1944) e Ritorno al paese (1966), opere che testimoniano il suo profondo legame con le radici pugliesi.
Nel 1965 Ruvo di Puglia gli dedicò una grande manifestazione in onore, a cui partecipò anche Quasimodo. Durante l’evento, ricevette una medaglia d’oro e furono proiettati documentari sulla sua vita. Nel frattempo, continuava a esporre in Italia e all’estero, coltivando amicizie con artisti legati al fauvismo, e frequentando abitualmente luoghi come Montefiore dell’Aso nelle Marche, fonte di continua ispirazione. Proprio in segno di riconoscenza verso quel borgo, donò al Comune una preziosa collezione di opere grafiche, oggi custodita presso il Polo Museale di San Francesco.
Domenico Cantatore morì a Parigi il 22 maggio 1998, mentre visitava i luoghi della sua giovinezza. Aveva 92 anni. La sua eredità artistica comprende dipinti, scritti, ma anche una vasta e pregiata produzione di grafica d’autore, che lo colloca tra i maestri italiani del Novecento.
Domenico Cantatore opere
L’opera pittorica di Domenico Cantatore si distingue per l’armonia tra forma e colore, e per una poetica che restituisce dignità e bellezza alle scene quotidiane del Meridione italiano. Le sue tele raccontano una realtà spesso dimenticata: donne in nero, uomini piegati dal lavoro, processioni religiose, paesaggi assolati e interni intimi. I suoi soggetti, stilizzati ma carichi di umanità, si muovono in spazi essenziali, sospesi tra memoria e simbolo.
Lo stile di Cantatore ha attraversato diverse fasi, ma ha mantenuto una coerenza espressiva fondata su un uso personale della linea e su una tavolozza calda e luminosa. Fortemente influenzato dalla cultura visiva mediterranea e dai maestri francesi, ha saputo fondere modernità e tradizione, diventando uno degli interpreti più profondi del Novecento pittorico italiano.
Ha lavorato su diversi supporti e tecniche, cimentandosi anche in grandi decorazioni murali, illustrazioni, incisioni e affreschi. Molte delle sue opere fanno parte di collezioni pubbliche e private, esposte in musei, fondazioni e gallerie in tutta Europa.
Domenico Cantatore litografie
Un capitolo particolarmente importante nella carriera di Domenico Cantatore è quello dedicato alla grafica d’autore. L’artista si cimentò con maestria in tecniche come l’acquaforte, l’acquatinta, la puntasecca e, soprattutto, la litografia. Quest’ultima gli permise di esplorare con libertà ed eleganza la sua figura più iconica: l'odalisca.
Le litografie dedicate alle odalische rappresentano un vertice del suo immaginario poetico. In queste opere, Cantatore raffigura figure femminili adagiate, spesso nude o semi-vestite, immerse in un'atmosfera onirica e sospesa. Le linee morbide, i contorni sinuosi e il tratto grafico raffinato restituiscono una sensualità pacata, mai ostentata, ricca di mistero e spiritualità.
Le odalische di Cantatore non sono solo donne, ma archetipi. Ricordano divinità pagane, madonne laiche, o semplicemente muse silenziose che sembrano affiorare da un sogno del Sud. L’uso sapiente del colore nelle litografie, talvolta limitato a pochi toni, valorizza i volumi dei corpi e l'equilibrio compositivo, esprimendo un senso di grazia immobile.
In queste opere, il legame tra artista e tecnica è evidente: la litografia diventa non solo mezzo espressivo, ma linguaggio autonomo, capace di restituire tutte le sfumature emotive della sua arte. Le odalische restano tra i soggetti più apprezzati e collezionati dell’intera produzione cantatoriana, testimonianza della sua capacità di coniugare il disegno con la sensualità classica e la visione mediterranea della figura.